domenica 21 febbraio 2010

Peggy Lee e Centocelle

Decidere il titolo di un blog è forse una delle cose più difficili che si devono fare nel momento in cui si ha intenzione di entrare in una comunità virtuale. Perchè sai che, insomma, gli argomenti di cui parlerai li cambierai di volta in volta, il template varierà di sicuro, così come tutti quei gadget che trovi a lato della pagina. Ma il titolo rimarrà lì e darà per sempre una caratterizzazione al tuo blog e a quello che scrivi.

Nel mio caso è stata una scelta più semplice del previsto. Mentre vagavo sulla rete alla ricerca di spunti vari, windows media player, messo come al solito con l'opzione random, ha fornito inaspettatamente l'ispirazione. Le note di black coffee, una vecchia canzone di Peggy Lee, si sono diffuse per la stanza ed è stata come un'illuminazione. Non mi sono soffermata sul testo ma sull'atmosfera di leggera decadenza che emanava dalla stessa canzone. Questa donna, che non potevo fare a meno di immaginare in bianco e nero, elegante e con la tipica lunga sigaretta degli anni venti, passava il suo tempo ad aspettare il ritorno del suo uomo bevendo caffè nero e fumando sigarette, senza spazio per null'altro che non sia il lutto per il suo amore perduto. Tutto in una delicata atmosfera vintage, tessuti pregiati e profumi cipriati. Mi è piaciuta talmente tanto da voler riprendere una parte del testo nel titolo.

Perchè aggiungere Roma? Perchè ci vivo, ovvio. Ci vivo oramai da quasi sei anni ma ancora non la sento mia. La vivo, spesso lontana dai riflessi glamour turistici, mi ci sono affezionata, ma non la amo. Ma è comunque lo sfondo della mia vita attuale e non potevo fare a meno di nominarla.

Ieri per esempio è stato un tipico esempio di giornata molto romana e molto poco glamour, parecchio lontana dall'atmosfera di Peggy Lee. Mi sono trovata a pensarlo mentre, poco prima di pranzo, bevevo il mio primo bicchiere di martini rosato nella cucina di un amico del mio ragazzo, su un tavolo sporco, smangiucchiando olive giganti. La vista era quella della Laurentina e dei suoi palazzoni, molto diversa da quella del cupolone di San Pietro che si vede nella pubblicità.

E la sensazione si è fatta ancora più concreta mentre mi trovavo con amici di amici a bere il the in una gelateria un pò scassata di Centocelle. Centocelle è probabilmente l'esempio più vivo di quando parlo della Roma poco turistica, molto più vicina alla vita vera. Un quartiere casinaro e pacchiano, con i ragazzetti con la smart pompata, i negozietti con vestiti di tessuti improbabili e a prezzo bassissimo, i kebabbari ad ogni angolo e nessun monumento. La gelateria era una sorta di bar in malo arnese, con la cameriera che non aveva neanche idea di cosa fossero i litchi indicati nel menù e davanti alla quale un gruppo di diciottenni con un paio di canne in mano si pavoneggiava con la bmw presa in prestito dal padre.

Mai come in questo caso sarebbe corretto dire che spesso realtà e fantasia nella mia vita non coincidono affatto.

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